martedì 14 gennaio 2014


Laura Guidetto




Kosztolànyi Dezsò

Sogno di Inchiostri colorati 

(Mostan szìnes tintàkròl àlmodom, 1910)



Sogno di inchiostri colorati,
il più bello è il giallo.
Scriverei molte lettere
con questo colore
ad una ragazza, che amo.
Scriverei scarabocchi,
lettere cinesi,
e un uccello allegro con dei ghirigori.
E voglio ancora tanti altri colori:
bronzo, argento, verde e oro,
e ci vogliono ancora cento e mille,
e poi un milione:
viola scherzosa, color vino, grigio muto,
pudico, sgargiante, innamorato,
ma anche viola triste e mattone,
e poi celeste chiaro come l'ombra
della vetrata colorata del portone
in un mezzogiorno d'agosto.
E voglio rosso vivo,
color sangue, come un tramonto infuocato,
e allora scriverei, scriverei sempre.
Con azzurro a mia sorella, con oro a mia madre:
le scriverei una preghiera d'oro,
fuoco d'oro, parola d'oro, come l'alba.
E non mi stancherei mai, scriverei in una vecchia torre, senza sosta.
Sarei tanto felice, oh Dio mio, tanto felice,
colorerei tutta la mia vita. 


venerdì 10 gennaio 2014

PANDORA CIBERNETICA, O DEL PLURALE FEMMINILE

di Valeria Bianchi Mian


"Non mi sposo né muoio" scriveva Anais Nin, "e sempre più aumenta la distanza tra la folla, tra gli altri e me". (in: La casa dell'incesto)



Isolati in se stessi, oppure dispersi nella "pazza folla" (e cito qui solo il titolo di un'opera del grande Thomas Hardy) i pazienti che cominciano una psicoterapia hanno l'opportunità di dare avvio all'opera alchemica che li porterà a morire simbolicamente e a sposarsi interiormente. 
Forse.
Non è un percorso semplice, non è una strada facile. 
Non è scontato che si arrivi ad una meta significativa.
Perché tentare, allora?
Continuerei a parlare di femminile, sia nel senso di donne in terapia, sia nel senso di principio femminile e Anima dei pazienti uomini.
Ho lavorato per diversi anni in servizi dedicati a sole donne o soli uomini: senza fissa dimora, tossicodipendenti, un anno come volontaria nelle carceri. I due sessi, anche se isolati, sono sempre e comunque allo specchio, si specchiano interiormente ma spesso e volentieri lo specchio è in frantumi. 
Nella mia esperienza professionale ho incontrato tante volte un plurale femminile in cocci.
Frammenti di un discorso femminile, o discorsi d'Anima a pezzi.
Se mi guardo intorno, se accendo la televisione, se ascolto il vociferare del mondo contemporaneo, se accolgo le persone che iniziano a chiedere aiuto vedo questi stessi "pezzi di donna" mascherati da smagliante prospettiva: donne che non sanno invecchiare, donne che non vogliono crescere, donne che non possono scegliere... controparti di uomini altrettanto sedimentati nell'archetipo del Puer Aeternus, altrettanto distanti dall'Anima, entrambi fluttuanti in stratosfere ideali, levigati sul modello delle offerte mediatiche.
Si comincia da qui.
Ricercando i pezzi di un puzzle che diventerà solo con fatica e impegno una declinazione al plurale.
Ricercando "i vizi" che ci han portati lontano per dare nuova vita alle bambole e ai burattini che molte donne e molti uomini sentono di essere diventati.
Diventati, non nati, bambole e burattini... 
Dare una vita piena e sensata a Pandora, la bambola che scatenò i vizi nel mondo, il manichino senz'anima, il corpo privato d'identità, la materia muta... tutto ciò è possibile solo se si è disposti ad investire energie psichiche senza credere nei facili risultati.
Non è un concetto molto moderno, forse, dal momento che oggi va di moda tutto quello che "risolve" i nostri  problemi in un batter d'occhio.
Ci vuole lentezza.
Attesa.
Dubbio.
L'alchimista conosce i tempi. 
L'alchimista raduna le proprie membra sparse spogliando se stesso dagli orpelli metallici e meccanici per cercare l'uomo e la donna reale e far rivivere i simboli al di là dell'oggetto.
Il filosofo Porfirio diceva: "Se tu ti eserciti ad ascendere in te stessa, radunando tutte queste membra sparse e suddivise in molteplicità..." (citato da Jung nel Mysterium Coniunctionis, pag.15, nota 26)
E' un augurio per tutti, quello di mettersi al lavoro.
Buon Futuro.
VBM


  

domenica 5 gennaio 2014

Pensieri sulla creatività - "L'albero in casa di Saturno" e la strada delle donne


L'ALBERO IN CASA DI SATURNO
di Valeria Bianchi Mian


 All'inizio del percorso individuativo i "metalli" si presentano separati, il "discorso amoroso" è spesso in "frammenti" (1), eppure nell'uomo e nella donna vive un cosmo in miniatura con luna, sole e stelle. 

 All'inizio dell'opera alchemica i pianeti e i volti degli dei astronomici non sono allineati e tutto è ancora ad uno stadio di imperfezione.

 "Piantare un albero nella casa di Saturno" significa iniziare il processo (2) partendo proprio dal vecchio e malefico arconte, l'antico Sol dai raggi neri, l'Uomo Nero delle paure, il plumbeo pensiero divoratore dei propri figli e dei semi creativi che lo stesso pensiero potrebbe innaffiare e far crescere come piante verdeggianti e creature, appunto, feconde.

 Saturno è "l'umbra solis" (3), e in particolare per le donne all'inizio del viaggio individuativo corrisponde all'Ombra maschile, un'oscurità che troppo spesso ruba spazio all'Ombra femminile. Uscire dal pensiero divorante è, in quest'accezione, differenziare l'Animus dall'Ombra, riaprire le carceri nelle quali sono state rinchiuse tutte le sfumature del principio femminile in lotta o in simbiosi tra loro e avviare dunque un dialogo tra le stesse.
 Il freddo Saturno, "praefectus carceris" (4), agli albori dell'esperienza di sé è spesso una sorta di Mangiafuoco che muove i fili del femminile scisso in materia corporea e anima. 
  Corpi sovraesposti e anime violate.
 Mentre il corpo è prostituito, l'anima troppo spesso vola altrove, in compagnia dell'Eterno Fanciullo: è angelica e tecnologica, liscia ed efficiente come un robot, scarnificata, incorporea appunto.

 Piantare un albero nella casa di Saturno significa dare il via.

 Basta cominciare a prendersi in considerazione, fermarsi un attimo e rivolgersi all'interno. Per molte donne questo movimento verso l'interno non è scontato, oggi come oggi. Nella fretta del vivere moderno e nell'auto-annullamento capita che una donna arrivi davvero a stare "male" fisicamente e psicologicamente per cominciare a riflettere intorno e "dentro" se stessa.
 La psicoterapia può essere davvero, nonostante la crisi generale e le mille offerte "alternative", un percorso di riscoperta di sé da affrontare ben prima di toccare il punto estremo del malessere.
 Piantare un albero nella casa di Saturno è cominciare una cura di sé con il supporto dell'altro nella relazione terapeutica, per riscoprire lo zolfo attivo imprigionato e lavorare per "redimere" lo stesso zolfo - elemento maschile per eccellenza, l'Animus in grado di fecondare l'Io femminile, lo "sperma homogeneum" di Sol, e sciogliere il ghiaccio di un pensiero connesso al sentimento, non più succube delle emozioni. 
 Saturno, ci spiega Carl Gustav Jung è anche il "supremo esaminatore" della Grande Opera, ed è proprio attraverso di lui che Sol e Luna potranno riunirsi sacralmente e riscaldarlo, scoprendone un nuovo volto di custode dell'elemento creativo (5). 
  
  
1- R.Barthes, Frammenti di un discorso amoroso - utilizzo il titolo non i contenuti del testo    
2- C.G.Jung, Mysterium coniunctionis, pag.15, nota 26.
3- idem, pag.41.
4- idem, pag.114 (da "De sulphure" in Museum hermeticum).  
5- M.L.Von Franz, Alchimia (pag.82) 

giovedì 2 gennaio 2014

ESERCIZI DI "MEMENTO MORI" - parte terza

"CHE COS'E' L'AMOR(TE)" E ALTRE STORIE 

quando il percorso di vita si rivolge al centro dell'essere se stessi

(il capitolo "finale")




Valeria Bianchi Mian

 "Che coss'è l'amor"... cantava Vinicio Capossela, e, se l'amor era un sasso nella scarpa, la morte di certo non era, non è, e non sarà da meno. E con due sassi nelle scarpe e due monete sopra gli occhi ci addentriamo, inevitabilmente, nel buio.

Avete i brividi?
Siete indifferenti? 
Non è argomento gradito ai più, vero? 

 Ebbene, in certi casi capita che questo argomento delicatissimo, eppure sovraesposto a livello segnico nel nostro mondo necrofilo, produca aperture inaspettate verso insospettabili ricchezze. 
Coloro che si immergono con tutta l'anima nel proprio percorso di psicoterapia del profondo a volte scoprono significati del tutto imprevisti. Spesso, il tesoro emerge proprio dopo aver affrontato con coraggio la paura della propria "fine". Per alcune persone, invece, un lutto può essere proprio l'occasione per rimettere in discussione se stessi e cambiare la propria visuale sulle cose, sulla vita. Bisogna saper aspettare e stare nella sofferenza che tutto questo "nero" comporta per vedere la luce tenue, flebile, di un nuovo inizio.
 Non è un caso che negli arcani maggiori la carta dell'Appeso (XII) venga prima dell'Arcano Senza Nome. O meglio, qui il caso si sposa con l'occasione (vedi il più volte citato Claudio Widmann, "Gli arcani della vita", edizioni Magi).
 La nera signora rivela il suo stesso essere breccia verso la luce, occasione propizia, favorevole per un passaggio fondamentale ad un nuovo livello, sensibilmente più creativo, nel mondo della psiche e in quello delle azioni concrete. 

 Eccoci qui, dunque, ed è il 2 Gennaio 2014.
 Avevamo prospettato un ritorno al Blog in autunno. Avevamo ventilato laboratori e appuntamenti. Non è stato così, un po' per via dei nostri impegni personali, un po' a causa di eventi "occasione" di cambiamento che ci hanno coinvolte separatamente, me e Lauretta Guidetto, un po' per vari motivi. 

 Ci sono state attese, c'è stata la necessità di restarsene un po' appese.

 Io ho sentito il bisogno di tenere in gestazione un'idea del tutto personale, uno spazio per poter esprimere sul web il mio essere un po' cantastorie. Sin da piccola mi sono divertita ad inventare filastrocche, ad illustrare "nursery rhymes". 
 Quest'anno, dopo quarantadue anni di quaderni sparsi e schizzi dispersi, nelle vacanze di Natale l'idea ha cominciato a prendere forma: il giorno prima della fine dell'anno ho aperto un secondo Blog, esclusivamente mio, un luogo dove postare i disegni, le fotografie, le opere in ceramica abbinate a rime e storie brevi.

http://www.favolesvelte.wordpress.com  

 Sto pensando ad un'immagine che mi ha sempre affascinata, ed è, tra le altre, la scena finale del bellissimo film "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman (1956) 


 Jof (Nils Poppe), l'attore girovago, è l'unico elemento del film a non partecipare alla Totentanz, la Danza della Morte finale. 
 E' l'unico personaggio che osserva la vita con lo sguardo del sogno e della visione. 
 "Ma guarda le cose che sai inventare" - gli dice Mia, sua moglie. Jof e Mia ripartono dal punto fermo di ogni situazione, sono entrambi, insieme l'archetipo del Matto (0) e quello dell'Innamorato (VI), sono il dialogo interiore tra parti di sé in relazione affettiva, insieme nel rinnovamento che viene dall'accogliere la visione interiore. Quando la Morte, nella carta dei tarocchi, falcia tutto ciò che non ha più senso di essere, ecco che l'accogliere la visione interiore è possibile, per tutti gli occhi sognatori. Per chi lascia che sia il suo "Jof" interiore a guidare il carrozzone. 
 E' il Matto (0) che ricomincia il ciclo della vita. 
VBM