lunedì 24 giugno 2013

ESERCIZI DI "MEMENTO MORI" - parte prima

Valeria Bianchi Mian

Esercizi di "Memento Mori" 
parte prima
(per non perdere il filo rosso
che potrebbe condurre dall’Apocalisse all'Apocatastasi,
filo riflessivo 
che avevamo cominciato a tessere qualche articolo fa -
vedi "La responsabilità di Noè")

 



  Eccomi a riflettere sulla morte mentre me ne sto seduta sotto le fronde di un ciliegio di fronte al mare. Potrei pensare ad altro, potrei pensare a qualche argomento più allegro, dirà qualcuno tra di voi.
  E invece no.
  Meditare sulla morte è un buon esercizio per apprezzare il mio stare qui, ad ascoltare il vento, seduta sotto le fronde di un ciliegio di fronte al mare.

  Ricordo un gruppo con adolescenti in una scuola alcuni anni fa, e i giochi sul tema del futuro. "Quale futuro?" La domanda emerse dal gruppo.
  Scenari di distruzione collettiva si aprono davanti ai nostri occhi bambini, e non solo nelle notizie della vita quotidiana, o nella realtà dei fatti. Se la televisione dedicata alla prima infanzia offre ancora qualche gesto tenero da osservare, appena usciti dall’abbraccio materno ecco giochi e videogiochi pregni di violenza, gentilmente offerti dal mondo adulto. 
  Ecco quel che vi aspetta. Cominciate a capire il prima possibile. Addirittura, se siete americani, la società dei consumi vi offre le armi vere, quelle che sparano sul serio, e con le quali potrete uccidere (piccoli animali, simulacri virtuali, o anche la sorellina, se i genitori per errore non vi controllano – come dimostrano recenti fatti di cronaca). Non c’è bisogno di essere bambini soldato in luoghi di conflitto per possedere un fucile. E se per legge nel vostro paese non è consentito vendere pistole vere ai più piccoli, ci sono sempre quelle giocattolo. Così in ogni caso potrete giocare ad ammazzare. Che cosa c’è di male?

  Provate a rispondere.
  Che male c’è a donare una pistola giocattolo ad un bambino?
  Voi cosa ne pensate?
  Potete commentare, naturalmente.

   Partiamo dalla violenza distruttiva, quella reale. L'Ombra galoppante della natura che si snoda tra i palazzi nelle città costruite per farci coraggio l'uno con l'altro.
  Un ballo in cui il dio Tifone, la dea Kalì, la nera signora con falce, e tutte le divinità dell'oltretomba si muovono a ritmo in quotidiani flash mob là dove meno ce li aspettiamo. 
  Gli dei dell'oscurità ci ricordano di non dimenticarli. Ci esortano a non svilirli facendo dei nostri occhi uno schermo piatto e insensibile, ci spingono a sentire la paura reale, a farci carico del nostro sentimento di attaccamento alla vita. Ci invitano a differenziare la realtà dai film horror.  
  Leggiamo terrori nero su bianco mentre sorseggiamo il nostro caffè: Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa. E' tutto un invito alla Totentanz, la macabra balera dello scheletro, un liscio con le vite dei giusti e con quelle dei corrotti: catastrofi, guerre, violenze.  Femminicidi. "Fratellicidi" (che ha un senso differente rispetto a fratricidio, neologismo con cui intendo dire: umani che si ammazzano tra loro). Stragi del bello.
  E poi, naturalmente, spettacoli e proposte per le sere d’estate. Notizie quotidiane alle quali siamo abituati come al gusto del caffè.
  Abituati? In parte è un’abitudine (d'altronde cominciamo da piccoli a vedere il mondo proposto dagli adulti), ma è un'abitudine che non ci lascia troppo abituare, se ancora in fondo in fondo ci stupiamo, ci indignamo di fronte allo sfacelo (ah, l’importanza di questo sentimento che ci tiene vivi con passione...), non riusciamo ad accettare il nostro mondo inquinato, radioattivo, sciolto come un cubetto di ghiaccio. Se speriamo. Se vogliamo vivere. Se facciamo figli. Se sentiamo sorgere in noi sentimenti ecologisti. Se educhiamo i nostri occhi alla consapevolezza. 

  Un ciliegio non basta a riparare dalle ombre che sono sempre con noi anche quando splende il sole (soprattutto quando splende).


Tarocco composto da piu' arcani
(La Morte qui è insieme alla Forza, e quet'immagine è davvero potente),
opera dell'artista Maura Banfo


  Memento mori, e vivi ogni giorno essendo almeno un po’ felice di essere consapevole.
La meditazione della morte è alternativa alla rimozione della morte”, scrive Claudio Widmann a proposito dell’arcano numero XIII. E' un percorso di consapevolezza utile a tutti, in questa società della Necrocultura (che è anche il titolo di un interessante piccolo saggio di Fabio Giovannini – Estetica e culture della morte nell’immaginario di massa - edito da Castelvecchi nel 1998).

  Rimuovere il pensiero della morte è, invece, lasciarle lo spazio di comparire un po’ ovunque, priva di nesso con il senso del vivere. Estetizzata. Promossa a starlette televisiva. Stuzzichino per cannibali del macabro, gli stessi che, armati di macchina fotografica e telefonino cellulare, se ne vanno in gita davanti alla villetta di Cogne, alla casa del delitto di Perugia, di fronte al garage dell’allegra famigliola che ha ucciso la giovane parente Sara Scazzi.
  Anche l’arte vuole la sua parte, e dalla sacralità dei secoli scorsi, in cui la nera signora per lo meno aveva un ruolo un po’ misterioso e a volte misterico, ecco che nell’esprimersi moderno s’ingegna l’artista che lascia morire un cane per farne opera d’arte, si esalta quello che attraverso la tecnica chiamata “plastination” (che somiglia un po’ alla trasformazione di un defunto in manichino e un po’ alla mummificazione) ci vorrebbe magari far superare l’orrore del cadavere e della fine che ci toccherà prima o poi. Già... Perché noi non dovremmo mai dimenticare e mai troppo ricordare che un giorno qualunque toccherà a noi. Speriamo tardi. Ma in ogni caso, ciò accadrà, anche se la medicina moderna, per quanto possibile, si accanirà per far resistere oltre la resistenza il nostro povero corpo.
  Meglio esserle amici, dunque. Meglio tenere presente che ogniuno di noi conduce il proprio personale assassino ogni giorno a braccetto. 

  “Questo percorso di consapevolezza va in direzione esattamente contraria rispetto ai tentativi di rendere il corpo immortale, imputrescibile, eternamente giovane” (C.W. p.268)
  
  Rimuovere la morte oscilla tra fascinazione della stessa e rifiuto. Se non puoi batterla, unisciti a lei, sembra pensare questa società del macabro patinato. Della violenza come sistema. Della fine globale annunciata. E’ possibile una via diversa per fare i conti con la Morte?
  La Morte, o troppo esposta, o troppo poco. Mai accolta con naturalezza.
(continua, a presto...)

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