giovedì 26 luglio 2012

Valeria Bianchi Mian, Monica Burato, Lauretta Guidetto.

"La scoperta di sé. Psicodramma e tarocchi incontrano l'Arte Terapia"

articolo sui laboratori esperienziali con le immagini archetipiche

in







Anamorphosis numero 10, anno 10
Gruppi, Psicologia Analitica e Psicodramma
a cura di Wilma Scategni e Stefano Cavalitto
edizioni Ananke

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lunedì 2 luglio 2012

Valeria Bianchi Mian

Castelli di carte

foto di Luciano Borgna°


Il castello dei destini incrociati fu pubblicato da Einaudi nel 1973. Italo Calvino corredò i due testi che compongono l’opera (Il castello dei destini incrociati e La taverna dei destini incrociati) di una Nota, nella quale racconta l’iter di ideazione e costruzione del suo lavoro. Noi qui faremo riferimento all’edizione Oscar Mondadori del 1994, testo in cui la Nota finale è posta a Prefazione.

  "Ancora adesso, col libro in bozze, continuo a rimetterci le mani, a smontarlo, a riscriverlo. Solo quando il volume sarà stampato ne resterò fuori una volta per tutte, spero." (pag. XI)
  Calvino definisce il procedimento di costruzione del suo castello di carte un "labirinto" che lo catturava e "assorbiva completamente" ogni volta che egli metteva mano agli scritti, ogni volta che ricominciava, dice, "a comporre schemi, a correggerli, a complicarli: m’impelagavo di nuovo in queste sabbie mobili, mi chiudevo in un’ossessione maniaca. Certe notti mi svegliavo per correre a segnare una correzione decisiva, che poi portava con sé una catena interminabile di spostamenti. Altre notti mi coricavo col sollievo d’aver trovato la formula perfetta; e al mattino appena alzato la strappavo." (pag. X)
  Impossibile dunque mettere il punto alla serie di racconti poiché le carte attanagliavano la mente dell’autore, e, per quanto Calvino cercasse di far quadrare il disegno complessivo inserendo le immagini in uno schema narrativo che seguisse l’idea che egli aveva in testa… qualche cosa sfuggiva al suo controllo, ed ecco che le immagini lo sfidavano con nuove potenziali narrazioni.
  "Così passavo giornate a scomporre e ricomporre il mio puzzle, escogitavo nuove regole del gioco, tracciavo centinaia di schemi, a quadrato, a rombo a stella, ma sempre c'erano carte essenziali che restavano fuori e carte superflue che finivano in mezzo..."
  Chi sa quali storie sono rimaste fuori, quali favole non sono state scritte, quali avrebbero voluto venire alla luce... ci accontentiamo di leggere le meraviglie scritte da Italo Calvino, ma il dubbio resta.
 
  Immaginando storie da narrare e immagini da disegnare, immagini che nascono da altre immagini archetipiche attraverso la proiezione di contenuti inconsci, scopriamo che c’è sempre qualcosa che si potrebbe dire ancora, un altro modo per raccontare la stessa cosa, ma anche un nuovo racconto, diverso eppure possibile attraverso le stesse immagini.
   Ciò avviene perché le immagini sono rappresentative degli archetipi stessi e non si fanno chiudere negli schemi.
  Gli archetipi sono inconoscibili, ci dice Carl Gustav Jung, e sono irriducibili, non possono di certo essere costretti dentro i nostri schemi, ma le immagini archetipiche (narrabili, rappresentabili) sono innumerevoli, e attraverso le immagini, se le guardiamo con occhio esplorativo noi ci avviciniamo al centro, e lo scorgiamo, lo sfioriamo, senza tuttavia poter mai rendere fisso e stabile una volta per tutte il nostro rapporto con ciò che il centro rappresenta. Sempre in fieri è l'opera dell'alchimista. 
 
  Come ogni contenuto archetipico, le carte dei tarocchi aprono sempre nuovi piani e possibili scorci.
  Calvino si domanda: "stavo diventando matto? Era l’influsso maligno di queste figure misteriose che non si lasciavano manipolare impunemente? O era la vertigine dei grandi numeri che si sprigionava da tutte le operazioni combinatorie?" (pag. X)

  Nei laboratori di psicodramma, dramma terapia e arte terapia sulla simbologia dei tarocchi le storie sono inventate dal gruppo, narrate, drammatizzate, disegnate, e il gioco è guidato dalle immagini stesse, per poi dirigersi alla coscienza, all’elaborazione di quel che esse rappresentano in quel momento per quel gruppo.
  Ogni storia non tornerà mai più.
  Forse.
  Ogni storia si interseca in modo inconscio e sincronico ad altre storie, storie che saranno inventate, narrate, drammatizzate, disegnate da altri gruppi e in altri momenti.
  Impossibile mettere la colla per attaccare le carte di un castello di carte, libero di cadere, di rimescolarsi, di portare ancora le mani e gli occhi alla voglia di giocare.