martedì 3 giugno 2014

LE RADICI - "Psico Spot Erranti" di Valeria Bianchi Mian

Inauguro qui sul Blog una versione "Psi" di http/favolesvelte.wordpress.com
Gli "Psico Spot": pensierini di psicologia, caramelle nel barattolo della mente, appunti e riflessioni rapidissime ma, spero, invitanti.




Segreti 

Ci sono storie che non si possono dimenticare anche se dentro di noi non le ricordiamo più.
Storie che scorrono in noi come linfa vitale o mortifera. 
Sono le trame familiari, eppure ignote, di segreti tramandati in silenzio di generazione in generazione.
Il tradimento del bisnonno. 
La bisnonna che pensa al figlio abortito e a quello che viaggia con lei sulla nave per l'America. 
Storie di sangue chiuse in soffitta, la soffitta dell'anima.
Ereditiamo passioni sconosciute, riverberi, echi lontani.
L'albero della famiglia siamo noi oggi quando annaffiamo i nostri figli.


VBM - tempere


Le Costellazioni Psicogenealogiche

http://msaita-psy.net.over-blog.net

L'approccio transgenerazionale di Maura Saita Ravizza ci coinvolge.
Una visita al suo Blog vi chiarirà il perché. 
La lettura del suo libro "Jung, Psicogenealogia e Costellazioni Familiari - Inconscio Collettivo e Sincronicita' - " (Ananke) vi scioglierà ogni dubbio e vi farà venire voglia di scoprire quel che i vostri avi han nascosto nella soffitta del Tempo.




Alberi in inverno

Da più di un anno conduco gruppi di supervisione con operatori impegnati nella care di pazienti AD - Alzheimer presso una struttura residenziale valdese, e di gruppi-famiglia (me ne sono occupata per due anni anche presso l'ASL TO3). 
Il Morbo di Alzheimer porta l'inverno nella mente, le nevi perenni sopra i ricordi. Tutto è confuso, fantasma del passato che si arrampica sull'albero genealogico irridendo la memoria.

Se siete digiuni dell'argomento e volete approcciare il tema attraverso una serie di immagini efficaci vi consiglio un fumetto. Avete capito bene. Una storia per immagini che è anche diventata un film: "Arrugas - Rughe" di Paco Roca (la graphic novel vincitrice di ben due premi Goya) e Ignacio Ferreras (il film).  


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BAMBINE TERRIBILI - "Psico Spot Erranti" di Valeria Bianchi Mian

Pippi, o La Forza (XI) - un'immagine archetipica 

Pippi, e chi non la conosce? 
Pippi Calzelunghe (Pippi Langstrump) - dal 1945 ci allieta, ci stimola, ci coinvolge. 
Un modello di bambina forte, fortissima, eccezionalmente vitale. Irraggiungibile, come lo è ogni immagine archetipica. Un'immagine che apre scenari sull'ignoto facendo risplendere le possibilità ma che non può rappresentarci totalmente e che noi non possiamo incarnare.
Possiamo soltanto riconoscere un aspetto di noi stessi (uomini e donne) nell'energia archetipica della bambina con i capelli rossi. 

Villa Villacolle, una di quelle casette da sogno, in perfetto stile "shabby", tinte pastello, zuccherose, lana e cotone, righine e fiori, legno e polvere: un luogo perfetto per abitare da sola, o meglio... in compagnia degli amici animali. Animali con i quali la nostra eroina ha sempre un rapporto speciale, fatto di intesa e confronto. Lo stesso tipo di rapporto che Pippi instaura col mondo, comportandosi liberamente ma, nel contempo, educandosi ed educando gli altri, senza trascurare l'utilizzo di elementi di "domazione" (del proprio eccedere nei vizi e dell'eccesso altrui, che si tratti di un comportamento animale o umano). 

Pippi non ha bisogno d'altro che di se stessa per sopravvivere. 
La relazione è per lei una scelta evolutiva ma la solitudine è bellezza cercata dopo ogni avventura, è ricarica energetica. È desiderio.
Pippi: meravigliosa immagine di bambina una-in-se-stessa. 
Una bambina capace di domare gli animali feroci e di trasportare un cavallo in giro per la città.


Nell'arcano maggiore noto come La Forza (associato al numero 8 o 11, a seconda dei mazzi di carte) troviamo un uomo o una donna che domano un animale feroce utilizzando una certa dose di dolcezza, nonché di sapiente dosaggio di forza fisica. 
L'animale in questione è di solito un leone, simbolo che congiunge la regalità all'istinto. 


Saper contenere la nostra stessa energia brutale senza distruggere il mondo degli istinti è una dote che si può apprendere, previo riconoscimento della necessità di aprire un confronto con la molteplicità dell'essere. 
Se torniamo a riconoscerci animali consenzienti e consapevoli umani, creature dotate di Neocorteccia ma incapaci di sopravvivere lontani dai sensi e dal senso profondo, istintivo, emozionale dell'esistere, allora, forse, potremo dormire sonni sereni e godere di una certa dose di libertà ed energia come Pippi Calzelunghe di Villa Villacolle.



(Cappello creato da Sonia Piccirillo)

sabato 10 maggio 2014


ASSAGGIO DAL LABORATORIO DI OGGI

10 MAGGIO 2014

PRESSO LIBRERIA GOLEM

VIA ROSSINI 21/BIS, TORINO


GRAZIE A

GAJAP
WILMA SCATEGNI
GIANCARLO CASELLI
LIBRERIA GOLEM

E
A TUTTI I PARTECIPANTI

DA
LE HERMAE

OVVERO
VALERIA BIANCHI MIAN
E
LAURETTA GUIDETTO



giovedì 8 maggio 2014

I COLORI DELL'ANIMA - DAL RED BOOK ALLE BIOGRAFIE IMMAGINALI
a cura di Gajap - Torino

GAJAP

Associazione Analisi di Gruppo, Psicodramma ed Intercultura

sui Fondamenti della Psicologia Junghiana

(Groups Analytical association for intercultural research on Jungian Psychology, Psychodrama)
Full Member FEPTO (Federation European Psychodrama Training Organizations) Acc. EAP (European Association for Psychotherapy)
IAGP (International Association for Group Psychotherapy) Affiliate Organizational Member


Sabato 10 Maggio 2014 - 
Dalle ore 10.00 alle ore 19.00 - 
C/O Libreria Golem, in Via Rossini 21/bis a Torino. 
Nero e Oro - Valeria Bianchi Mian - acrilici



Al mattino, tra i laboratori previsti:
dalle 10.15 alle 11.45 si terrà
il laboratorio di 
Valeria Bianchi Mian - 
Favolesvelte - Spot Stories 
e Lauretta Guidetto - 
Le Hermae 
(http://le-hermae.blogspot.com/)



Tra le iniziative del pomeriggio: (dopo la presentazione del libro "FRUTTI TARDIVI/22 POESIE" a cura di Franco Villa ed Anna Codazzi - Golem Edizioni per il Salone OFF) ci sarà un reading di poesie - tra cui le filastrocche di Favolesvelte - Spot Stories - e la presentazione di una scena dello spettacolo "Terrapia" - a cura di Valeria Bianchi Mian e Luisa Ortuso, sul tema del precariato e della psicologia come scelta professionale (in collaborazione con il Coordinamento Psicologi Psicoterapeuti), spettacolo che verrà messo in scena per la seconda volta nel prossimo mese di Giugno (non temete, pubblicizzeremo adeguatamente il dove e quando).

Se qualcuno volesse passare... a sabato!

— con Laura Guidetto presso Favolesvelte - Spot Stories e Le Hermae.

domenica 27 aprile 2014



I colori dell’anima
dal Red Book alle biografie immaginali
2014

Esposizione dei lavori

dal 3  al 31 maggio 2014 

Libreria Golem 
Via Rossini 21



                                           Laura Guidetto 
Titolo: Dalia
acrilico su carta
misure: 40x50


“Quello che vi do, non è né una dottrina né un insegnamento. E da quale pulpito potrei indottrinarvi? Vi informo della via presa da quest’uomo, della sua via, ma non della vostra. La mia via non è la vostra via, dunque/ non posso insegnarvi nulla. La via è in noi, ma non in dèi, né in dottrine, né in leggi. In noi è la via, la verità è la vita. Guai a coloro che vivono seguendo dei modelli! La vita non è con loro. Se voi vivete seguendo un modello, allora vivrete la vita del modello, ma chi dovrebbe vivere la vita se non voi stessi? Dunque vivete voi stessi.
Gli indicatori di via sono caduti, davanti a voi si aprono incerti percorsi. Non siate avidi dei frutti nati nei campi altrui. Non sapete di essere voi stessi il campo fertile  che fa crescere tutto ciò che vi serve?
Ma oggi chi lo sa più? Chi conosce i campi eternamente fertili dell’anima?


Voi cercate la via attraverso le apparenze, leggete libri e ascoltate opinioni: a chi può giovare tutto questo? Esiste solo una via ed è la vostra via. Cercate la via? Vi metto in guardia dall’imboccare la mia, di strada. Per voi può essere quella sbagliata. Ciascuno percorra la sua via…….” (C.G. Jung Libro Rosso. p. 13)



                                           Valeria Bianchi Mian 

Titolo: La bambina drago


"La mia anima mi porta nel deserto, nel deserto del mio Sé" C. G. Jung . Red Boo



lunedì 17 marzo 2014

TERRAPIA - Terra di santi e di psicologi - IL Coordinamento Psicologi e Psicoterapeuti del Piemonte + La compagnia dei Disordinati = il nuovo SPETTACOLO TEATRALE


TERRAPIA
c/o
CAFFE' DELLA CADUTA
in Via Bava 39
a Torino
il 25 Marzo 2014
alle ore 21.30

Il Coordinamento Psicologi e Psicoterapeuti del Piemonte
è una realtà attiva all'Ordine degli Psicologi regionale.
La Compagnia dei Disordinati è nata all'interno del CPPP
grazie all'intervento attivo di alcuni coordinati
e alle cure di Valeria Bianchi Mian
(le-hermae.blogspot.com - favolesvelte.wordpress.com)
e Luisa Ortuso 
(www.psicologiatorino.it).
****
***
Che cos'è "TERRAPIA"?
La professione di psicologo (e psicoterapeuta) nell'Italia di oggi.
L'inflazione che ha sommerso gli psicologi piemontesi
complici l'Università, forno di migliaia di psicologi destinati
ad una ricerca lavoro quantomeno "creativa"
(un tema già trattato nel precedente spettacolo teatrale 
organizzato dal CPPP: "DIVERSAMENTE PSICOLOGI").
E poi... l'annosa questione delle mamme degli psicologi 
che domandano sempre:
"Ma perché non lavori in ASL? 
Hai studiato tanti anni e non hai un posto fisso?"
***
****
BUON DIVERTIMENTO...
VI ASPETTIAMO NUMEROSI ALLA PRIMA!
****
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Valeria Bianchi Mian



domenica 2 febbraio 2014

PANDORA CIBERNETICA IMPARA A PARLARE: APOLOGIA DELLO SGUARDO PARADOSSALE - continuando la riflessione sulla creatività

di Valeria Bianchi Mian

L'ombra della mongolfiera sulla terra...

Pierre Soliè in "La femme et le feminin chez les hébreux et les grecs archaiques" (in "Cahiers Jungiens de Psychanalise n.57 - 1998) sottolinea come Pandora, donna mitologica oggetto di godimenti, automa inconsapevole, divulgatore dei vizi sulla terra, sia vicina (anzi, sia la stessa cosa...) al simbolo del serpente diabolico, il "tubo digestivo divorante l'uomo". 
Pandora è in pratica una cloaca, la stessa fogna dalla quale gli adepti volevano estrarre il simbolo della perfezione, Ombra di Eva alchemica sotto forma di "vagina dentata", desiderato e temuto "fantasma originario" (pag.27).
Il lavoro analitico è un operare alchemico per redimere il simbolo e trasformare la materia serpentina di Pandora dall'inconsapevolezza all'unità. La via è quella, ma che poi ci si arrivi è un'altra storia... Partire, si parte. E, se partire è un po' morire, finalmente ci si sposa e si muore (vedi capitolo precedente: "Non mi sposo né muoio", scriveva Anais Nin in "La casa dell'incesto").
Pandora parla e distribuisce parole serpentine.
Immagini paradossali si distribuiscono disordinatamente. 
Ombre e luci trovano una collocazione grazie al lavoro dell'adepto.
La parola alchemica è verbo mercuriale che si esprime per immagini, come i sogni.
Come i sogni, i testi alchemici emergono dall'oscurità dell'inconscio e prendono vita su carta fuori dalla logica lineare del linguaggio cosciente. Per essere assimilati dalla coscienza, i rebus degli antichi alchimisti devono essere letti come si legge un sogno, ci spiega Carl Gustav Jung, senza incasellare le parole e le immagini dentro un unico punto di vista: niente ristrettezze. La prospettiva di lettura è piuttosto paradossale perché bisogna permettersi di credere in qualcosa che contemporaneamente è e non è. Questo rapporto vivo e aperto con l'inconscio è una relazione ben diversa dal'atteggiamento unilaterale del vecchio Saturno, il "Sole ingiusto" (ML Von Franz, "Alchimia", vedi i punti precedenti della riflessione).
Lo sguardo unilaterale, il ragionamento cosciente, la razionalità... un modo di osservare che di base è incapace di scoprire i segreti celati tra le righe di una ricetta alchemica o negli enigmi di un sogno.
Un occhio da una parte, l'altro dall'altra...
l'anima è dunque un po' strabica, eppure ci vede molto bene.

"Guardai con gli occhi di camaleonte la mutevole faccia del mondo", sussurra Anais Nin descrivendo la propria rinascita (pag.13). 
(continua)

martedì 14 gennaio 2014


Laura Guidetto




Kosztolànyi Dezsò

Sogno di Inchiostri colorati 

(Mostan szìnes tintàkròl àlmodom, 1910)



Sogno di inchiostri colorati,
il più bello è il giallo.
Scriverei molte lettere
con questo colore
ad una ragazza, che amo.
Scriverei scarabocchi,
lettere cinesi,
e un uccello allegro con dei ghirigori.
E voglio ancora tanti altri colori:
bronzo, argento, verde e oro,
e ci vogliono ancora cento e mille,
e poi un milione:
viola scherzosa, color vino, grigio muto,
pudico, sgargiante, innamorato,
ma anche viola triste e mattone,
e poi celeste chiaro come l'ombra
della vetrata colorata del portone
in un mezzogiorno d'agosto.
E voglio rosso vivo,
color sangue, come un tramonto infuocato,
e allora scriverei, scriverei sempre.
Con azzurro a mia sorella, con oro a mia madre:
le scriverei una preghiera d'oro,
fuoco d'oro, parola d'oro, come l'alba.
E non mi stancherei mai, scriverei in una vecchia torre, senza sosta.
Sarei tanto felice, oh Dio mio, tanto felice,
colorerei tutta la mia vita. 


venerdì 10 gennaio 2014

PANDORA CIBERNETICA, O DEL PLURALE FEMMINILE

di Valeria Bianchi Mian


"Non mi sposo né muoio" scriveva Anais Nin, "e sempre più aumenta la distanza tra la folla, tra gli altri e me". (in: La casa dell'incesto)



Isolati in se stessi, oppure dispersi nella "pazza folla" (e cito qui solo il titolo di un'opera del grande Thomas Hardy) i pazienti che cominciano una psicoterapia hanno l'opportunità di dare avvio all'opera alchemica che li porterà a morire simbolicamente e a sposarsi interiormente. 
Forse.
Non è un percorso semplice, non è una strada facile. 
Non è scontato che si arrivi ad una meta significativa.
Perché tentare, allora?
Continuerei a parlare di femminile, sia nel senso di donne in terapia, sia nel senso di principio femminile e Anima dei pazienti uomini.
Ho lavorato per diversi anni in servizi dedicati a sole donne o soli uomini: senza fissa dimora, tossicodipendenti, un anno come volontaria nelle carceri. I due sessi, anche se isolati, sono sempre e comunque allo specchio, si specchiano interiormente ma spesso e volentieri lo specchio è in frantumi. 
Nella mia esperienza professionale ho incontrato tante volte un plurale femminile in cocci.
Frammenti di un discorso femminile, o discorsi d'Anima a pezzi.
Se mi guardo intorno, se accendo la televisione, se ascolto il vociferare del mondo contemporaneo, se accolgo le persone che iniziano a chiedere aiuto vedo questi stessi "pezzi di donna" mascherati da smagliante prospettiva: donne che non sanno invecchiare, donne che non vogliono crescere, donne che non possono scegliere... controparti di uomini altrettanto sedimentati nell'archetipo del Puer Aeternus, altrettanto distanti dall'Anima, entrambi fluttuanti in stratosfere ideali, levigati sul modello delle offerte mediatiche.
Si comincia da qui.
Ricercando i pezzi di un puzzle che diventerà solo con fatica e impegno una declinazione al plurale.
Ricercando "i vizi" che ci han portati lontano per dare nuova vita alle bambole e ai burattini che molte donne e molti uomini sentono di essere diventati.
Diventati, non nati, bambole e burattini... 
Dare una vita piena e sensata a Pandora, la bambola che scatenò i vizi nel mondo, il manichino senz'anima, il corpo privato d'identità, la materia muta... tutto ciò è possibile solo se si è disposti ad investire energie psichiche senza credere nei facili risultati.
Non è un concetto molto moderno, forse, dal momento che oggi va di moda tutto quello che "risolve" i nostri  problemi in un batter d'occhio.
Ci vuole lentezza.
Attesa.
Dubbio.
L'alchimista conosce i tempi. 
L'alchimista raduna le proprie membra sparse spogliando se stesso dagli orpelli metallici e meccanici per cercare l'uomo e la donna reale e far rivivere i simboli al di là dell'oggetto.
Il filosofo Porfirio diceva: "Se tu ti eserciti ad ascendere in te stessa, radunando tutte queste membra sparse e suddivise in molteplicità..." (citato da Jung nel Mysterium Coniunctionis, pag.15, nota 26)
E' un augurio per tutti, quello di mettersi al lavoro.
Buon Futuro.
VBM


  

domenica 5 gennaio 2014

Pensieri sulla creatività - "L'albero in casa di Saturno" e la strada delle donne


L'ALBERO IN CASA DI SATURNO
di Valeria Bianchi Mian


 All'inizio del percorso individuativo i "metalli" si presentano separati, il "discorso amoroso" è spesso in "frammenti" (1), eppure nell'uomo e nella donna vive un cosmo in miniatura con luna, sole e stelle. 

 All'inizio dell'opera alchemica i pianeti e i volti degli dei astronomici non sono allineati e tutto è ancora ad uno stadio di imperfezione.

 "Piantare un albero nella casa di Saturno" significa iniziare il processo (2) partendo proprio dal vecchio e malefico arconte, l'antico Sol dai raggi neri, l'Uomo Nero delle paure, il plumbeo pensiero divoratore dei propri figli e dei semi creativi che lo stesso pensiero potrebbe innaffiare e far crescere come piante verdeggianti e creature, appunto, feconde.

 Saturno è "l'umbra solis" (3), e in particolare per le donne all'inizio del viaggio individuativo corrisponde all'Ombra maschile, un'oscurità che troppo spesso ruba spazio all'Ombra femminile. Uscire dal pensiero divorante è, in quest'accezione, differenziare l'Animus dall'Ombra, riaprire le carceri nelle quali sono state rinchiuse tutte le sfumature del principio femminile in lotta o in simbiosi tra loro e avviare dunque un dialogo tra le stesse.
 Il freddo Saturno, "praefectus carceris" (4), agli albori dell'esperienza di sé è spesso una sorta di Mangiafuoco che muove i fili del femminile scisso in materia corporea e anima. 
  Corpi sovraesposti e anime violate.
 Mentre il corpo è prostituito, l'anima troppo spesso vola altrove, in compagnia dell'Eterno Fanciullo: è angelica e tecnologica, liscia ed efficiente come un robot, scarnificata, incorporea appunto.

 Piantare un albero nella casa di Saturno significa dare il via.

 Basta cominciare a prendersi in considerazione, fermarsi un attimo e rivolgersi all'interno. Per molte donne questo movimento verso l'interno non è scontato, oggi come oggi. Nella fretta del vivere moderno e nell'auto-annullamento capita che una donna arrivi davvero a stare "male" fisicamente e psicologicamente per cominciare a riflettere intorno e "dentro" se stessa.
 La psicoterapia può essere davvero, nonostante la crisi generale e le mille offerte "alternative", un percorso di riscoperta di sé da affrontare ben prima di toccare il punto estremo del malessere.
 Piantare un albero nella casa di Saturno è cominciare una cura di sé con il supporto dell'altro nella relazione terapeutica, per riscoprire lo zolfo attivo imprigionato e lavorare per "redimere" lo stesso zolfo - elemento maschile per eccellenza, l'Animus in grado di fecondare l'Io femminile, lo "sperma homogeneum" di Sol, e sciogliere il ghiaccio di un pensiero connesso al sentimento, non più succube delle emozioni. 
 Saturno, ci spiega Carl Gustav Jung è anche il "supremo esaminatore" della Grande Opera, ed è proprio attraverso di lui che Sol e Luna potranno riunirsi sacralmente e riscaldarlo, scoprendone un nuovo volto di custode dell'elemento creativo (5). 
  
  
1- R.Barthes, Frammenti di un discorso amoroso - utilizzo il titolo non i contenuti del testo    
2- C.G.Jung, Mysterium coniunctionis, pag.15, nota 26.
3- idem, pag.41.
4- idem, pag.114 (da "De sulphure" in Museum hermeticum).  
5- M.L.Von Franz, Alchimia (pag.82) 

giovedì 2 gennaio 2014

ESERCIZI DI "MEMENTO MORI" - parte terza

"CHE COS'E' L'AMOR(TE)" E ALTRE STORIE 

quando il percorso di vita si rivolge al centro dell'essere se stessi

(il capitolo "finale")




Valeria Bianchi Mian

 "Che coss'è l'amor"... cantava Vinicio Capossela, e, se l'amor era un sasso nella scarpa, la morte di certo non era, non è, e non sarà da meno. E con due sassi nelle scarpe e due monete sopra gli occhi ci addentriamo, inevitabilmente, nel buio.

Avete i brividi?
Siete indifferenti? 
Non è argomento gradito ai più, vero? 

 Ebbene, in certi casi capita che questo argomento delicatissimo, eppure sovraesposto a livello segnico nel nostro mondo necrofilo, produca aperture inaspettate verso insospettabili ricchezze. 
Coloro che si immergono con tutta l'anima nel proprio percorso di psicoterapia del profondo a volte scoprono significati del tutto imprevisti. Spesso, il tesoro emerge proprio dopo aver affrontato con coraggio la paura della propria "fine". Per alcune persone, invece, un lutto può essere proprio l'occasione per rimettere in discussione se stessi e cambiare la propria visuale sulle cose, sulla vita. Bisogna saper aspettare e stare nella sofferenza che tutto questo "nero" comporta per vedere la luce tenue, flebile, di un nuovo inizio.
 Non è un caso che negli arcani maggiori la carta dell'Appeso (XII) venga prima dell'Arcano Senza Nome. O meglio, qui il caso si sposa con l'occasione (vedi il più volte citato Claudio Widmann, "Gli arcani della vita", edizioni Magi).
 La nera signora rivela il suo stesso essere breccia verso la luce, occasione propizia, favorevole per un passaggio fondamentale ad un nuovo livello, sensibilmente più creativo, nel mondo della psiche e in quello delle azioni concrete. 

 Eccoci qui, dunque, ed è il 2 Gennaio 2014.
 Avevamo prospettato un ritorno al Blog in autunno. Avevamo ventilato laboratori e appuntamenti. Non è stato così, un po' per via dei nostri impegni personali, un po' a causa di eventi "occasione" di cambiamento che ci hanno coinvolte separatamente, me e Lauretta Guidetto, un po' per vari motivi. 

 Ci sono state attese, c'è stata la necessità di restarsene un po' appese.

 Io ho sentito il bisogno di tenere in gestazione un'idea del tutto personale, uno spazio per poter esprimere sul web il mio essere un po' cantastorie. Sin da piccola mi sono divertita ad inventare filastrocche, ad illustrare "nursery rhymes". 
 Quest'anno, dopo quarantadue anni di quaderni sparsi e schizzi dispersi, nelle vacanze di Natale l'idea ha cominciato a prendere forma: il giorno prima della fine dell'anno ho aperto un secondo Blog, esclusivamente mio, un luogo dove postare i disegni, le fotografie, le opere in ceramica abbinate a rime e storie brevi.

http://www.favolesvelte.wordpress.com  

 Sto pensando ad un'immagine che mi ha sempre affascinata, ed è, tra le altre, la scena finale del bellissimo film "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman (1956) 


 Jof (Nils Poppe), l'attore girovago, è l'unico elemento del film a non partecipare alla Totentanz, la Danza della Morte finale. 
 E' l'unico personaggio che osserva la vita con lo sguardo del sogno e della visione. 
 "Ma guarda le cose che sai inventare" - gli dice Mia, sua moglie. Jof e Mia ripartono dal punto fermo di ogni situazione, sono entrambi, insieme l'archetipo del Matto (0) e quello dell'Innamorato (VI), sono il dialogo interiore tra parti di sé in relazione affettiva, insieme nel rinnovamento che viene dall'accogliere la visione interiore. Quando la Morte, nella carta dei tarocchi, falcia tutto ciò che non ha più senso di essere, ecco che l'accogliere la visione interiore è possibile, per tutti gli occhi sognatori. Per chi lascia che sia il suo "Jof" interiore a guidare il carrozzone. 
 E' il Matto (0) che ricomincia il ciclo della vita. 
VBM


sabato 2 novembre 2013

Laura Guidetto







Osservando l'Infinito



Osservare alcune opere d'arte, almeno questo è ciò che mi capita a volte, può portare  in una dimensione molto vicina all'infinito. 
Di recente ho avuto la fortuna di poter ammirare al museo dell'Orangerie  "Le ninfee" di Claud Monet; la stanza ricoperta da queste  immense tele ti circonda, e tu, se hai la fortuna di arrivare in un orario "magico", di poco affollamento, sei immerso in quel sapore, in quelle immagini che il grande pittore impressionista, dipinse in una serie di 250 dipinti. 
 In quegli istanti di silenzio assoluto, puoi entrare  dentro quell'aria rarefatta e sentir vibrare i fiori bianchi fluttuanti, che insieme al cielo si muovono sulla superficie dell'acqua e ti avvicini almeno un po' a quell'infinito.
In un periodo di grande malessere sociale come questo, riuscire a rivolgersi alle immagini, ai sogni, alle fiabe, al mito, può risultare un'esperienza interiore importante; il poter fare appello al proprio mondo interno, ai sogni e quindi a dei codici vicino all'infinito, può aiutare nella ricerca del senso e del proprio percorso.
Molto spesso mi è capitato di ascoltare nei racconti delle persone, quanto un'immagine impressa nella  mente, sia stata la fonte di molte scelte anche poco razionali, ma in alcuni casi quella potenza è scaturita proprio dal linguaggio dell'immagine interiore che guida proprio in quella direzione. 
Come afferma bene J. Hillman in Saggio su Pan, il sogno, la fantasia e l'immaginazione delle arti possono trasportarci in un mondo mitico, dove valgono altre leggi, e dove è all'interno di noi stessi che possiamo realmente fare qualcosa. Ciò che facciamo con l'immaginazione ha per l'anima le stesse conseguenze del mettere in atto. Ogni comportamento è guidato dai processi immaginali e li esprime.
"Diveniamo più patologici quando non cogliamo, in questo o quel segmento della nostra vita, il fantasma presente in quello che stiamo facendo o il fatto che ciò che stiamo fantasticando sta avvenendo fisicamente, anche se in modo sottile e indiretto. Invece prendiamo le cose alla lettera, e la metafora, l'elemento che mantiene la vita psicologicamente intatta, si spezza. (...) Diventiamo meno patologici quando possiamo ripristinare l'apprezzamento metaforico di ciò che avviene." (J. Hillman, 1972.p.91) 
Seguendo il filo che corre tra le pagine dell'autore, arriva a dirci quanto sia importante riconnettere la fantasia con il comportamento, arrivando alla dissoluzione di quel letteralismo. 
Ma qui aggiungo una mia personale riflessione, connettersi alla fantasia non vuol dire inventarsi realtà inesistenti, in questo caso ci si potrebbe maggiormente avvicinare alla menzogna o anche eventualmente ad aspetti deliranti. 
Anche la fiaba può ricollegarci alle radici della vita, perchè parla lo stesso linguaggio sia degli istinti che delle emozioni.
Ogni situazione della nostra vita può essere vista o in un'ottica restrittiva o aperta sull'infinito, ravvivandola con il colore dei sogni o del mito.
A tal proposito ho pensato di riportare un racconto tratto dal libro di Patrick Fischermann "Racconti dei saggi che leggono le stelle" , da poco regalatomi da un "caro amico palermitano", affinchè non solo io ma anche tutti coloro che han voglia di tornare a guardare le stelle, spostino lo sguardo almeno un po' verso l'infinito.

I Guardiani del cielo
racconto zigano

" Gli zigani hanno insegnato a ballare agli orsi e questi hanno insegnato loro a leggere la volta celeste. Gli ursari dicono che i sacri bestioni hanno infuso la leggenda nei loro sogni.

Nei tempi lontani in cui la terra apparteneva agli animali, gli orsi vegliavano sull'eterna primavera. vigeva la legge  dell'aiuto reciproco: il lupo proteggeva la pecora e la gazzella dormiva tra le zampe del leone. Al minimo conflitto, il vento avvisava l'orso, e lui ristabiliva la pace. Ma ogni cielo ha le sue leggi. ben presto la saggezza degli orsi non riuscì a contenere le dispute. Si delimitarono i territori, si aguzzarono gli uncini, il freddo divenne pungente. Quando le bestie ritornarono in sè, era troppo tardi: il Sole s'era ritirato dalle radure e la morte per gelo colpiva nell'ombra. 
Due orsi alzarono il muso verso gli astri e si misero in cammino per cercare di salvare i loro piccoli: contavano di riportare indietro il Sole e di salvare la Terra.  Camminarono per tanti giorni quante erano le stelle sopra di loro. Avevano le zampe consumate e le pellicce coperte di brina. 
Un giorno salirono sulla montagna che toccava il firmamento. il toro delle nuvole, commosso dalla loro storia, li lanciò con una cornata ai venti del mondo: I quattro volti dell'aria soffiarono su di loro sollevandoli fino alla Luna. La sposa del Sole li informò che l'universo era in preda ad un grande scompiglio. Li pose in un campo di stelle dove era solito passare il Sole. questi venne, li riscaldò e mostrò loro la dimora di Colui-che-cambia-i-cicli. Il dio ariete li ricevette e li toccò sul muso. Guardate, disse, indicando due esseri ritti sulle zampe posteriori, l'uomo e la donna. Il Sole li porta con quattro stagioni. Sono nomadi. I vostri piccoli non moriranno più di freddo, vivranno nel cerchio-memoria dell'eterna primavera e del duro inverno. 
Quel giorno, l'Orsa Minore e l'Orsa Maggiore presero posto ai suoi lati nel cielo dei guardiani. 
Passarono gli eoni. orsi e rom erano consapevoli dell'influenza degli astri sulle creature. Gli uni grugnivano sotto il cielo, gli altri dicevano la buona ventura. Poi gli uomini cessarono di vivere in un cerchio: delimitarono i territori, aguzzarono gli uncini e cacciarono senza pietà orsi e zigani.
Ogni cielo ha le sue leggi e la canicola minacciò la Terra. A quel tempo un rom ripercorse la via degli orsi, camminò tanti giorni quant'erano le stelle sopra di lui, salì sul monte del firmamento. Il toro delle nuvole lo lanciò verso i soli, un grande scompiglio agitava l'universo. Il dio ariete lo toccò sulla fronte, gli confidò la meta del destino, gli mostrò la fine del grande ciclo e l'alba imminente.
Presto vedremo brillare l'uomo-stella e sapremo in quale mondo siamo entrati. Chi vedremo apparire, ai lati del Sole? "

Buoni sogni

mercoledì 2 ottobre 2013



Le Hermae sono tornate

A breve nuove proposte di lettura, laboratori e riflessioni da condividere





 
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venerdì 5 luglio 2013

ESERCIZI DI "MEMENTO MORI" - parte seconda

Camminavi fianco a fianco al tuo assassino…
(Fabrizio De André – “Se ti tagliassero a pezzetti”)

PAURA DELLA MORTE
Parla alla Morte ogni giorno, riconoscila in carne e sangue, ringraziala perché ti sta lasciando altro tempo  


  Ricordo un mio ex-collega, deceduto più di un anno fa, che poco prima di morire scrisse su Facebook una frase con la quale invitava la morte a lasciarsi guardare in faccia, a farsi conoscere, dal momento che ormai gli era chiaro che “quel momento”, l’attimo cruciale, si stava avvicinando. Quest’uomo avrebbe voluto essere ben sveglio e lucido per incontrare la morte definitivamente. La sua richiesta mi emozionò, poiché qualche giorno prima ero andata a trovarlo in ospedale e ricordo ancora perfettamente il suo sguardo, uno sguardo che mai dimenticherò. Il mio collega (al quale ero vicina in spirito creativo) sapeva che l’incontro con la Nera Signora sarebbe avvenuto di lì a breve. Il suo era uno sguardo rivolto all’ignoto, pieno di stupore. Oserei dire: profondamente stupito. Leggevo nei suoi occhi e nella sua espressione facciale una meraviglia di fronte agli eventi fino a qualche settimana prima ancora inattesi.

  Thauma è la meraviglia, è lo stupore di fronte al mondo che ci circonda con tutte le sue terribili cose, ed è anche, appunto, così come sottolinea Emanuele Severino, il terrore: secondo Aristotele nell’uomo antico è da Thauma che nasce la ricerca filosofica, il tentativo dell’essere umano di dare un senso alla vita e, soprattutto, alla morte.

  Quel giorno, poco dopo aver salutato il mio collega in ospedale (… non l’avrei mai più rivisto), ho raggiunto mio figlio, che all'epoca era nato da pochi mesi. L’ho guardato negli occhi e mi sono profondamente stupita di ritrovare in essi uno sguardo molto simile a quello del mio collega. Oserei dire identico. Mi sono spaventata e commossa. Lo sguardo di mio figlio era di certo quello dei neonati di fronte alle ombre della nuova vita, la meraviglia di fronte al nuovo. E’ per questo motivo che non dimenticherò mai l'espressione del mio collega; quel momento è universale, appartiene al senso dell’essere, e alla sua coscienza.

  Da qualche mese ho cominciato a plasmare la terra. Plasmare è dare forma concreta ad un’immagine mentale, è prima concepirla e poi partorirla mettendo le mani nell’argilla, fino a cuocere il manufatto passando “dal sogno alla realtà” (ndr. questa frase di C.G. Jung, il passaggio dal sogno alla realtà come necessario movimento per la consapevolezza ritorna nei diari di Anais Nin, una delle mie scrittrici preferite, come tematica di base per indicare il percorso che porta il creativo a produrre qualche cosa di vitale nella realtà concreta, e non soltanto ideativa, fantastica, simbolica… a me personalmente fa sempre pensare all’alchemica “Unio mentalis con il corpo”, la vivificazione delle spoglie del drago venefico, purificato…).
  Ho intrapreso un percorso specializzandomi “tecnico ceramista”, attività che sta cominciando a conferire nuove prospettive al mio lavoro come psicoterapeuta nei laboratori esperienziali, e a me stessa come creatura desiderosa di creare: dare realtà alle immagini del mondo interno.

  La via che dai sogni e dalle immagini archetipiche conduce a se stessi è un percorso che lo stesso Carl Gustav Jung ha vissuto in prima persona, tracciando la via individuativa.       
  Diventare se stessi è una faccenda concreta che unisce il simbolo alla realtà della vita.
Se vogliamo che i simboli siano vitali per noi dobbiamo riconoscerli incarnati nella nostra stessa esistenza.


  Le mani sulla pietra. Le mani nella terra. Penso alle sculture di Carl Gustav Jung, al suo giardino intorno alla torre di Bollingen. La torre da lui stesso costruita pezzo a pezzo e tanto amata. La torre, abitazione rustica. Per lo psicologo analista svizzero, il soggiorno tra quelle mura era un ritorno alle esigenze basiche della vita, un ritrovare se stesso nel ritmo della semplicità. Per un uomo abituato ad una vita più che agiata, vissuto a cavallo tra gli ultimi due secoli (1875-1961), occupato principalmente a riflettere, uomo dalla personalità profondamente intuitiva attratto più dall’anima e dalle relazioni interne che dalle relazioni sociali, il compiere gesti come accendere il fuoco a mano per cuocere il cibo e il ricercare l’assenza delle comodità molto probabilmente non era attività scontata.
  Il nostro attuale stile di vita, crisi economica che colpisce l'Europa (e non solo) compresa, il nostro tempo e il nostro spazio insomma ci offrono di certo ben diverse modalità per stare a contatto con la realtà della vita quotidiana. Non abbiamo bisogno di andare a cercare le scomodità e le difficoltà pratiche, diciamo. Il contatto con la realtà della creazione che si attua quotidianamente (creazione della vita e operare creativo) equivale simbolicamente al contatto con la terra e con la semplicità. Stare e operare nella realtà significa, io credo, lasciare che la fantasia si elevi ma senza il rischio di vederla incagliarsi in lontane stratosfere. La “terra” può nutrire il Puer e la Puella creativi, ma sappiamo che potrebbe divenire talamo mortale per lo spirito che si innalzi eccessivamente. Terra è concretezza di vita. Può essere fertile o meno. Deve essere lavorata ogni giorno. Ed è la vita brulicante che ci accoglierà dopo la morte.
  La terra: quella che per i sognatori, per gli idealisti e anche per molti pensatori e “simbolizzatori” (... quanti colleghi potrei facilmente annoverare nel gruppo al quale io stessa sento spesso di appartenere!) è spesso difficile accogliere come un valore effettivo. Finché la si osserva come un simbolo, associando ad essa miti e storie, siamo bravissimi a darle spazio, ma quando si tratta di costruire un reale rapporto con la realtà organizzativa del lavoro e della vita, trovo che spesso (... se penso, ad esempio, a certe riunioni d'équipe alle quali ho partecipato negli anni, dalle quali si emergeva regolarmente con tanto fumo e niente arrosto...) sia difficile scendere dalla volta celeste. Solo cercando un rapporto equilibrato tra il sogno e la realtà concreta dell’esistenza incarnata possiamo offrire alla vita lo spiraglio per un rapporto di dialogo sereno con la morte, e possiamo offrirlo a pazienti bisognosi di trovare uno spiraglio per non soffocare nelle paure.

  Ho le mani nella terra adesso. Non pensavo che cominciare a lavorare le argille (terra rossa, grès, terraglia bianca, argilla refrattaria, pirofila…) potesse offrire all’anima e al corpo una tale sensazione di benessere e completezza. Cuocere gli oggetti prodotti, estrarli dal forno dopo averli smaltati e scoprirli così diversi e inaspettatamente belli.

  Ogni giorno andiamo a braccetto con “nostra sorella Morte”, come magistralmente, nella semplicità della sua realtà, la definì Francesco d’Assisi. Ognuno con il proprio personale assassino, in compagnia dell’oscuro falciatore, ci svegliamo ogni mattina ringraziando di poter continuare la nostra opera. Nell’arcano numero XIII dei tarocchi marsigliesi La Morte non ha nome, forse perché di volta in volta assume il nome di ognuno di noi.
  A livello psichico, l’Io può fare i conti con la propria trasformazione, può accogliere la morte sul piano psichico e inevitabilmente si avvicina, lungo la strada individuativa, al centro della personalità totale. Ma, prima o poi, l’Io deve fare i conti anche con la morte concreta (e con-creata): quella delle persone e quella personale. L’Io deve abbandonare se stesso. Ogni giorno dunque ci prepariamo a questo passaggio finale, una strada che può durare anche diversi decenni, com'è noto e com'è, ovviamente, auspicabile.
  Sul tema della morte del terapeuta trovo che il romanzo “La cura Schopenhauer” di Irving Yalom (ed. Neri Pozza - è la storia di uno psicoterapeuta che scopre di avere un melanoma e un anno di vita davanti a sè... ) riesca a mettere perfettamente in luce il fatto che, spesso e volentieri, i terapeuti di qualunque formazione riescono a difendersi molto bene dalla realtà concreta della morte, evento che resta inconoscibile e tale resterà, al di là di tutte le ipotesi di lavoro, a meno che essi non operino per un’apertura congiunta di tutti i piani, non solo di quello simbolico, poiché la tanto ricercata elevazione dalla materia può diventare una difesa notevole dalla vita stessa. La simbolizzazione può essere altrettanto difensiva della materializzazione.
  Ma chi riesce davvero ad accogliere il senso ultimo della sua stessa vita contemplando anche il puro e semplice diventare terra e vermi fino a dissolversi completamente in una realtà altra, nella quale l'Io non avrà più voce in capitolo? Avendo paura di accogliere come un gemello sempre presente il nostro personale assassino ci spaventiamo per ogni malattia e naturalmente vogliamo evitare la sofferenza. Temiamo il piano delle cose nude e crude, il livello terra. Oppure lo ignoriamo. D’altronde il momento è sempre sbagliato: prima siamo piccoli, poi giovani, poi abbiamo un sacco di cose da fare come adulti e poi ci stiamo godendo la pensione.

  Spesso il nostro assassino vuole vivere tanto quanto la vita. Siamo noi a chiamarlo all’opera prima del tempo. Il suo compito è di starci a fianco. La mia bisnonna ha contrattato con il suo assassino per 108 anni. Lui avrebbe voluto arrivare a 120, ma lei si è stufata un po’ prima e allora lui l’ha uccisa nel suo letto regalandole solo un paio di mesi di sofferenza. Un assassino abbastanza disponibile, tutto sommato. Invidiabile, direi.

(augurando a tutti noi di campare 100 anni, l'articolo continua in parte terza)